Ritorno al futuro

(di Achille Poretta)

Strenua difesa della Didattica a Distanza, dalla Scuola Radio Elettra a Zoom.

L’occasione persa

Torino, 1951. Vittorio Veglia e Tomasz Paszkowski fondano la Scuola Radio Elettra Torino. Due illuminati benefattori dell’umanità, un chimico ed un ingegnere, creano un ascensore sociale che diventa popolarissimo ed ha una straordinaria efficacia: “Ero un manovale. Ora sono un tecnico specializzato!”. 

Veglia e Paszkowski  furono due geniali precursori che in assenza di Internet, Web, Social Media e Smartphones, inventarono una piattaforma di didattica a distanza che ebbe un successo duraturo – più di 40 anni, fino agli anni ’90 –  e che recentemente è tornata, rediviva, su nuove piattaforme, pur per una popolazione che si è probabilmente ridotta. Ma se continuiamo con i banchi a rotelle, di sicuro la vedremo tornare a crescere.

Ecco, sulla storia dei banchi a rotelle mi sto ostinando e ripetendo,  ma non mi va giù: come è possibile che nell’era della Digital Transformation la nostra splendida Italia torni indietro al neolitico di  7.000 anni fa, quando, per l’appunto, fu inventata la ruota?

In altre parole: perché il nostro meraviglioso Paese ha perso tempo e non ha usato questi ultimi mesi di relativa tranquillità per mettere in piedi una piattaforma digitale di didattica a distanza?

Mistero. Eppure ci sono giganti su cui salire sulle spalle: Microsoft (Teams e Skype), Zoom, Cisco WebEx, Google Hangouts, Facebook Workplace e così via. E anche YouTube, perché non tutto deve essere in tempo reale, come Veglia e Paszkowski ci hanno insegnato.

 

In questi nostri tempi, segnati dal maledetto COVID-19, il beneficio più importante della didattica a distanza è evidentemente il distanziamento tra le persone nelle scuole, fuori dalle scuole e sui mezzi pubblici. Ma ci sono molti altri vantaggi:

  • L’efficacia espressiva della multimedialità, che supera di gran lunga i 3 vecchi compari “gesso, lavagna e cancellino” ed anche le lavagne multimediali, spesso poco disponibili e funzionanti a capriccio.
  • Il risparmio di tempo per gli spostamenti che per molti si traduce in qualità della vita: che meraviglia svegliarsi dopo il panettiere e non pranzare più all’ora della merenda.
  • La curva di apprendimento ridotta al minimo: per gli studenti è più semplice imparare ad usare Teams che capire quali mezzi prendere per arrivare all’Istituto.
  • Ed evidentemente la riduzione dei costi di sistema.

Le critiche

I presidi contro il Dpcm: così si lede la nostra autonomia.

Hahaha! Una critica così ideologica, corporativa ed autoreferenziale sembra di fantasia. Eppure è vera. Così come è vero che mentre gli studenti delle superiori rimangono a casa, i docenti devono andare a scuola e fare lezione a distanza , davanti ad un aula vuota, utilizzando le modernissime infrastrutture del MIUR. Si tratta evidentemente di una trovata scartata da una sceneggiatura dei Monty Python: troppo all’avanguardia!

La valutazione diventa un problema.

E’ vero, la valutazione a distanza è un problema perché gli studenti copiano. Questo succede già sfacciatamente anche a scuola, ma il compito in classe da casa rischia di essere il paradiso del Franti! Però alcuni istituti, nella terribile primavera scorsa, si sono attrezzati con l’obbligo del doppio dispositivo: studente davanti al PC e telefonino posizionato a riprendere la scena del crimine. Invece le nostre muse, Veglia e Paszkowski di Torino, l’esame lo facevano in presenza. Oggi si può fare la stessa cosa, programmando le interrogazioni in anticipo. Oppure – come ha raccontato alla radio il preside del Liceo Volta prof. Squillace – si interroga con il libro davanti, per gli ultimi anni è un ottimo metodo di valutazione. Insomma, le soluzioni ci sono, sono molte e non mutuamente esclusive.

Non tutti gli studenti hanno un tablet o un PC.

Credo sinceramente che gli studenti senza dispositivi, in particolare per le scuole superiori, siano pochissimi. Sarebbe fantastico sapere quanti, ma questo nostro miracoloso Paese non ha saputo fare la conta.  Però, sbilanciandomi, penso che almeno lo smartphone l’abbiano tutti. E se davvero qualcuno non ce l’ha, diamoglielo, in classe. Poche postazioni, ben distanziate, disponibili per chi proprio non può lavorare da casa e abbiamo risolto il dilemma dell’equità.

Suona la campanella

… E concludiamo. La didattica a distanza serve e funziona. Si poteva fare moltissimo e si è perso tempo e sbagliato mira. Le critiche che si leggono sembrano deboli o ideologiche. Le generazioni che disegneranno il futuro del nostro straordinario Paese meritano un presente DIGITAL e non a rotelle.

 

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